Passi davanti a un negozio.
Ti soffermi: non lo avevi mai fatto prima.
Allora perché questa volta sì e tutte le altre volte ti sei limitato a passargli solo vicino?
In fondo la roba, su per giù, era la stessa. Sì, ma questa volta è diverso.
Ok, ma perché?
Cinture bullonate, giubbotti col chiodo, caschi darcheggianti, magliette con diti medi a stagliarsi su fruit nere, insomma tutte quelle cose di colpo ti sembrano interessanti.
Ma non è questo il vero motivo, ora ve lo dico.
Perché quei fetentoni del negozio passano della musica giusta.
Vai, detto.
E quindi che si fa in questi casi? Ovvio, si entra.
Ma a te quella roba piace? No, mai piaciuta, confermo.
Questo comunque non è un buon motivo per non varcare la soglia, giusto?
Bene, sono entrato.
Prima cosa controllare l'acustica: le casse sono delle Bose, le ho riconosciute; sono parecchie, e messe nei posti giusti.
E mentre tasto giubbotti di pelle nere con fibbie sparse da tutte le parti, un pischello con la cresta armeggia sotto il banco e, udite, udite, sapete cosa fa lì sotto? Mixa qualcosa. Percepisco subito essere roba grandiosa, molto grandiosa: è un inizio di un pezzo anni ottanta, che quando venne suonato per la prima volta forse era nei pensieri di chi ha messo mondo, 'sto Cocix.
Ma voglio pensare che questi due in fatto di musica la sapevano alla grande, se poi 'hanno trasmessa per DNA i gusti al figlio.
Sì, sì, sì! Sì, è uno dei miei pezzi preferiti in assoluto. Uno dei primi, ma che dico trentatré, uno dei primi dieci pezzi da portarsi in un isola deserta; una canzone da sentire come ultimo desiderio davanti a un plotone di esecuzione.
La chitarra elettrica da due "gozzate" e sale in cattedra.
Spero tanto che quel coglione di ragazzo dai genitori grandiosi, gliela dia una bella girata al volume dello stereo, da far schizzare in aria le Bose.
Mi ha sentito, mi ha sentito: si è nuovamente abbassato!
No, io non gli ho detto niente ma evidentemente ha capito.
Ma che ha fatto?
Ha abbassato il volume, cazzo. Allora non ha inteso una beata mazza!
Quando risale gli lancio un'occhiatacccia; la mia mano destra gli sta facendo segno di avere fatto una cazzata, e la sinistra lo esorta alla rapida correzione.
"Alzo?" Mi chiede timoroso.
"Alla gande" rispondo.
E lui obbedisce. Lo fa prima che Mark Knopfler cominci a lanciare il primo messaggio di Tunnel of Love dall'album Making movies: "Getting crazy on the waltzers ……" e poi via al galoppo con i Dire Straits.
Con quel pezzo a tutto fuoco, i giubbotti chiodati diventano degli stupendi giubbotti chiodati,
i caschi? I caschi, fantastici: prima o poi, penso che dovrò comprarmene uno, e un bel calcio a quello vecchio; e in fondo, diciamola tutta: un bel dito medio su una maglietta nera, bè "staglia" bene.
Il pollice e il medio della mia mano destra schioccano che è una bellezza, e il mio tallone su quel parquet consumato, anche se calzo scarpe da ginnastica, mi sa che se lo sentono rimbalzare un po' tutti.
" … on the tunnel of love" ci sorprendiamo a cantare io e quelli laggiù alle casse.
E giù per quei corridoi che con la scusa di ciancicare roba, mi godo quella canzone che mi ricorda mille emozioni.
Siccome il cliente ha sempre ragione, mi lasciano ascoltare senza missaggio, e va bene così, il pezzo subito dopo: Romeo and Juliet in onore, anche se loro come possono saperlo, dei miei arpeggi di quella canzone che da pischello provavo a riprodurre sulla mia chitarra.
Un ritmo più lento ben si addice in quel momento, visto che ero alle cinture. Cazzo, come sono brutte! Talmente brutte che ne ho adocchiata una che sui miei jeans potrebbe stagliarsi alla grande.
"Vuoi vedere che me la compro?" Mi domando.
"Ma certo?" Presa.
Me la sto provando: sì, è senz'altro una provocazione che faccio a me stesso. Come del resto lo è la terza canzone di quell'album Skateaway, un ritmo e una cadenza che a poco a che vedere con il paio canzoni precedenti, ma che secondo me nel CD per i più giovani, ma LP per me visto che li ho entrambe ehehehehehe ;).
Serve anche per anticipare il quarto pezzo che secondo me è fantastico : Expresso love.
Con questo pezzo ho ripreso a trottare, visto che sono arrivato ai pantaloni in pelle: ma per comprarmeli, e soprattutto mettermeli, ci vuole un fegato che forse a quarant'anni potevo anche avere, ma che ora a cinquanta suonati, la cosa si fa dura.
Con Hand in hand, il quinto brano, ne succederanno delle belle. Sono arrivati altri clienti: gente anonima, quarant'enni con pantaloni in piega, i maschietti, e le donne con sottane alla Cenerentola, non quella al ballo col principe, magari, ma quella versione stracci e fornelli, per intendersi.
Questa fila di coglionazzi, ha lo sguardo del tipo "guarda che cazzo, vendono questi" e quando mi vedeno con la cintura chiodata sulla camicia che porto fuori dai pantaloni, penso che si siano anche detti "ecco a chi la vendono".
Sono sicuro che anche colpa mia se il loro passo si accelera verso l'uscita.
Realizzo presto che non è una gran perdita visto che Cocix e soci, alla cassa vicino all'uscita, dopo un striminzito saluto alla banda "anonimi", danno una ulteriore svalvolata allo stereo considerato l'arrivo dell'ultimo pezzo dell'album: l'intramontabile Les boys.
E mentre pago la cintura, che non ho intenzione di togliermi dalla vita uscendo dal negozio, do anche il cinque, subito contraccambiato.
Grande, veramente un gran bel negozio che consiglio, veramente, gran bella musica.
martedì 15 maggio 2012
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giovedì 22 dicembre 2011
L'oro dei Matia Bazar
Ci risiamo. Ecco un altro spot "una tantum", che non segue più i bei ritmi di una volta, e per quel che mi riguarda chiedo scusa. Un intervento, insomma, che suona tanto come l'ultima manovra finanziaria del nostro nuovo Presidente del Consiglio. Fatta per non tracollare. "Salva Italia", così l'ha chiamata: bè speriamo che almeno il nome porti bene. Anche se ancora non ho capito perché a non far saltare la baracca siano sempre chiamati i soliti, quelli che stanno peggio.
Calma gente, mi fermo qui, tranquilli, perché l’intervento di sta’ volta va dalla parte decisamente opposta. Parlo di scazzi, per cui state "manzi", come dice il mio amico Pilù.
E ho intenzione di stupire, in onore delle sfide dei bei tempi, quando gli interventi su questo blog si muovevano a cadenza quindicinale.
Scazzi si diceva, giusto? Ricordano una età in cui se ne fanno molti. E io, cinquantenne, per evocarli non posso fare altro che ricorrere al mio passato remoto. Lo so, fa un certo effetto sentire uno di questa età con queste intenzioni; so anche di avere già perso un po' di gente per strada con queste mie velleità. Era nel conto, ne sono consapevole. Quanti siamo rimasti? Quattro ? Forse cinque? Meglio così: pochi ma buoni. Ma purtroppo è il momento di dire di chi ho intenzione parlare, per cui da pochi passeremo a pochissimi. Colgo il rischio e la sparo grossa. Matia Bazar. Vai, l'ho detto.
Va bene pochi, ma nessuno? Ok, ho capito, questo intervento lo scrivo e me lo leggo, canto e porto la croce. Un regalo di Natale, insomma, che mi faccio, anche se vi assicuro, trattasi di un gran bel regalo. L’album di cui voglio parlare è una raccolta di brani dal titolo L’oro dei Matia Bazar, dove sono riportati tutti i loro vecchi pezzi migliori.
La copertina di questo trentatré giri, di un marrone bello scuro, voglio intenderla il guscio di un ostrica, con dentro tante perle di emozioni. Un ostrica fatta a forma di Jukebox, come quello del paese di montagna dove ho passato le mie vacanze estive di trentacinque anni fa.
Sì, allora avevo anche una vespa bianca, sulla quale potevo scorrazzare il lungo e in largo, ma non l’iPod d'inizio ventunesimo secolo; all’epoca si andava avanti a Castelli, così si chiamava il mio mitico mangianastri indistruttibile, grosso come un filoncino di pane da mezzo chilo.
A forza di sentirli tutto il giorno, i pezzi che giravano su quel jukebox, ero arrivato a fare a mente una lista ideale delle mie preferite. E quando pensavo alla ragazza che in quel periodo volevo rimorchiare, non potevo che ispirarmi alle parole dei brani dei miei Matia Bazar.
Consiglio sugli acquisti e sul da farsi: procuratevi questo album e mixate i pezzi che lo compongono con le vostre moderne Playlist di oggi. Volete sciogliere situazioni particolari affidandosi a parole banali quanto efficaci? Da musiche suadenti? Bè, io sì, l’ho fatto, ancora acerbo, ma con tanta voglia di darglielo un bacio a quella ragazza che in quell’estate non mi voleva andare via dalla testa.
Come ho fatto? Ma proprio con con quel Jukebox piazzato in mezzo a un sala uso discoteca di montagna, quando tutti erano a mangiare, tante cento lire, il mio Magneti Marelli e una Basf nella quale registrare quei pezzi (per i pischelli dei giorni nostri le Basf non sono altro che cassette a nastro dai trenta e centottanta minuti: io. per inciso, usavo sempre quelle da novanta).
Mentre registravo quella cassetta non potevo fare a meno di idealizzarlo quell’incontro: un invito e subito dopo dietro lei in vespa; arrivo in un posto molto isolato. E poi? E poi, vespa sul cavalletto, una panchina, io e lei lì sopra molto vicini e accanto il mio Magneti Marelli con la Basf dentro, e via.
Come partenza, non ci sono grossi dubbi: Solu tu, ovvio. Per farle capire come la pensavo su di lei, affidandosi a Antonella (Antonella Ruggero), con le sue magie espresse dalla sua splendida e inimitabile voce.
Con questo inizio la mia bella avrebbe senz'altro capito che non ero un tipo banale, e per renedere una impressione una certezza, avrei potuto a quel punto innestare una marcia decisa sulle mie reali intenzioni, passando al brano successivo. Una perla molto preziosa, da giocarsi subito. Un pezzo “cult”, insomma. Mi riferisco a Stasera che sera. Ascoltatela, e poi mi direte se non è una canzone che non trasmette energia e voglia di fare, e poi ne riparlaimo.
Una reazione inaspettata e imprevedibile ci può anche stare. Ma non cè da temere! Basta avere una canzone a portata di mano. E c'è, diamine, in questo fantastico album. Il titolo è Ma perché, e magari, da un dramma si può saltare anche in una festa. E grazie al ritmo sfrenato del pezzo, va anche a finire che ci si mette anche a ballare.
Mentre facevo quella cassetta pensavo che la mia tipa si sarebbe senz'altro sciolta, e per questa occasione c'era giocarsi tante altre perle, canzoni del tipo, che ne so, Per un minuto e poi , Un domani sempre pieno di te, Che male fa.
Ma metti caso che tutto giri per il verso giusto, può succedere no? Ebbene non ci crederete ma c’è anche un pezzo proprio per questi magici momenti: Per un ora d'amore, provare per credere.
Ne tralascio altre, ne sono sicuro, ma vado di fretta. Ho voglia di andare a riascoltare un LP che, almeno a me, ha cambiato la vita.
mercoledì 11 maggio 2011
Bandabardò di domenica mattina
Stamattina sono andato a comprare il giornale, La Repubblica.
Una lieta sorpresa mi attendeva.
Nella solita rubrica domenicale, quella posta a metà giornale e che mi spinge da un po' di Domeniche a questa parte a uscire fuori di casa di buon ora la mattina di un festivo, anziché starmene a fare cose così come vengono, cos'e' che ti trovo? Una intervista alla Bandabardò.
Be', che si fa in questi casi? Semplice si va a intuito.
Capita di trovare l'esigenza di prepararsi il campo un po' come fanno i campeggiatori appena arrivano alla loro bella piazzola, tutta all'ombra in una rovente giornata d'Agosto: non vedono l'ora di predisporre tutto perbenino prima di piazzarsi su un bello sdraio. Esattamente quello che ho fatto appena tornato a casa stamattina con giornale, sedia e tavolino sul mio terrazzo, senza dimenticarmi, ovviamente, dell'iPod con a bordo l'album Tre passi avanti di Errichez e compagni.
E mentre le melodie dei miei chansonnier facevano breccia in quella che poteva diventare una abituale apatica Domenica, mi apprestavo a iniziare la lettura dell'articolo. Giova segnalare a chi avesse voglia di continuare a leggere queste tre righe, che a me la Bandabardò piace per le melodie esotiche che ti invitano a pensare a posti e luoghi e diversi da quelli da dove vivo: un pretesto, insomma, per far uscire i tuoi pensieri dallo stalletto della vita in cui essi sono quasi tutti relegati.
Intendiamoci, non voglio dire che nei loro loro testi non ci sia roba che ci casca addosso tutti i giorni! E' che la loro musica è così particolare che porta a evadere, a volare! Anche se poi, ciò che cantano, agisce come una palla al piede che trattiene a terra i tuoi voli un po' troppo azzardati, ironizzando su tutto ciò che ci circonda.
E allora avanti così! Ascoltiamo e cantiamo prendendoci tutti in giro, e proviamo, finalmente, a leggere questo articolo.
Leggendo cosa dice Errichez capisco, cavolo capisco, e condivido. Come non essere d'accordo con lui quando parla della palla al piede dei nostri sogni? Inutile dire che si parla di Berlusconi, e sulla scarsa fiducia che ispira Renzi, il nostro rampantissimo sindaco, quando idealizza sul nostro futuro.
Ma anche, e soprattutto, cosa vuol dire essere di sinistra oggi. E allora? E allora cantiamoci su.
Ironizziamo anche sul nostro futuro, su quel poco che abbiamo fatto e su ciò che lasceremo ai nostri figli. Tutti insieme con la Bandabardò.
Una lieta sorpresa mi attendeva.
Nella solita rubrica domenicale, quella posta a metà giornale e che mi spinge da un po' di Domeniche a questa parte a uscire fuori di casa di buon ora la mattina di un festivo, anziché starmene a fare cose così come vengono, cos'e' che ti trovo? Una intervista alla Bandabardò.
Be', che si fa in questi casi? Semplice si va a intuito.
Capita di trovare l'esigenza di prepararsi il campo un po' come fanno i campeggiatori appena arrivano alla loro bella piazzola, tutta all'ombra in una rovente giornata d'Agosto: non vedono l'ora di predisporre tutto perbenino prima di piazzarsi su un bello sdraio. Esattamente quello che ho fatto appena tornato a casa stamattina con giornale, sedia e tavolino sul mio terrazzo, senza dimenticarmi, ovviamente, dell'iPod con a bordo l'album Tre passi avanti di Errichez e compagni.
E mentre le melodie dei miei chansonnier facevano breccia in quella che poteva diventare una abituale apatica Domenica, mi apprestavo a iniziare la lettura dell'articolo. Giova segnalare a chi avesse voglia di continuare a leggere queste tre righe, che a me la Bandabardò piace per le melodie esotiche che ti invitano a pensare a posti e luoghi e diversi da quelli da dove vivo: un pretesto, insomma, per far uscire i tuoi pensieri dallo stalletto della vita in cui essi sono quasi tutti relegati.
Intendiamoci, non voglio dire che nei loro loro testi non ci sia roba che ci casca addosso tutti i giorni! E' che la loro musica è così particolare che porta a evadere, a volare! Anche se poi, ciò che cantano, agisce come una palla al piede che trattiene a terra i tuoi voli un po' troppo azzardati, ironizzando su tutto ciò che ci circonda.
E allora avanti così! Ascoltiamo e cantiamo prendendoci tutti in giro, e proviamo, finalmente, a leggere questo articolo.
Leggendo cosa dice Errichez capisco, cavolo capisco, e condivido. Come non essere d'accordo con lui quando parla della palla al piede dei nostri sogni? Inutile dire che si parla di Berlusconi, e sulla scarsa fiducia che ispira Renzi, il nostro rampantissimo sindaco, quando idealizza sul nostro futuro.
Ma anche, e soprattutto, cosa vuol dire essere di sinistra oggi. E allora? E allora cantiamoci su.
Ironizziamo anche sul nostro futuro, su quel poco che abbiamo fatto e su ciò che lasceremo ai nostri figli. Tutti insieme con la Bandabardò.
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sabato 14 marzo 2009
American/English
Una cosa che mi capita spesso quando ascolto un LP è agganciarlo al periodo in cui non potevo fare a meno di averlo a portata di mano.
Come una droga, insomma! Lo ascolto e... zac! Mi ritorna in mente di quel momento pressoche' tutto. Per capirne le dinamiche vi invito alla lettura dei miei precedenti interventi su questo blog: un pò di pubblicità non guasta mai ;-) .
Immaginatevi due piccoli camper con a bordo due famiglie ben affiatate fra di loro, una bella vacanza davanti e soprattutto buona musica a farne da colonna sonora, fondamentale quando si viaggia in macchina mentre si vedono cose nuove, fondamentale per valutarne al meglio i dettagli e renderli indimenticabili.
Gli Acoustic Alchemy hanno questo di bello, rendono straordinari i momenti che vivi, o almeno a me è la sensazione che danno quando li ascolto. Mi rendono protagonista di cio' che in quel momento vivo, come se quel paesaggio che mi si presenta davanti senza di me non possa esistere.
Voi non ci crederete, ma quando ascolto il loro album American/English mi ritorna in mente quella fantastica vacanza nell'Agosto di quasi quattro anni fa.
Il jazz prodotto dalle loro chitarre elettriche è particolarmente accattivante. I temi dei loro pezzi non sono mai noiosi, anzi oserei dire che ti prendono cosi' tanto da anticiparne mnemonicamente, una volta che li hai ascoltati anche solo una volta, gli arpeggi: una cosa che ha del miracoloso, non credete? Cosi' da rendere l'ascolto quasi una predisposizione simile a quella che possono avere i bambini quando ascoltano le fiabe che amano.
Dopo un volo Firenze - Eindhoven, fu un autubus a portarci alla prima base dove ad attenderci erano pronti i nostri camperini che, dopo una sosta di un paio di giorni, ci sarebbero stati utili per visitare l'intera Olanda.
Ovviamente la prima base non poteva essere che lei, Amsterdam. Non l'avevo mai vista prima e ne rimasi subito affascinato: come un incipit di una vacanza non era veramente male!
Rifletto spesso sul perchè fu amore a prima vista, ma poi realizzo che la colpa poteva essere di The Crossing, il brano che senz'altro ho ascoltato quando arrivammo. Mamma mia quante volte l'ho selezionato sul mio iPod! Dovete sapere che quando organizzo le mie Playlist è il pezzo onnipresente: una mania di certo!
La gioia di esser in quella città era contagiosa: ricordo che dalla mattina alla sera grandi e piccini si divertivano a prendersi in giro, a rincorrersi lungo i canali, a inventare giochi sempre nuovi con una gioia contagiosa scandita della note di So Kilie nel quale il ritornello banale scandito dalle coriste ne fa da giusto contraltare.
Salto di descrivere il tugurio dove dormimmo ad Amsterdam, forse unica nota stonata dell'intera vacanza, o forse no perchè, nonostante in buona sostanza fosse una grossa stanza dove tutti dormivamo insieme, forse, è stato proprio esso a permetterci di cementare di più la nostra grande amicizia.
E poi ... Partenza! Camper e via! Prima tappa il romantico faro di Marken! Per raggiungerlo ci costo' una grande camminata. Ebbi tutto il tempo di ascoltarmi gli arpeggi acustici espressi da quella grande coppia: Greg Carmichael e Miles Gilderdale, che nei brani Trinity, The 14 Carrot Cafe, Get up per non parlare di una delle canzoni piu' dolci e indimenticabili che abbia mai ascoltato: Cherry Hill che mi rimanda ai bei tramonti sul gelido Mare del Nord nel quale io e il mio grande amicone, con la stazza con cui si ritrova, ci siamo eroicamente tuffati in una altrettanto gelida mattina, guadagnandosi non so quanti punti agli occhi di mogli, figli e di un centinaio di increduli gabbiani.
La sera dormivamo nei campeggi che in Olanda sono libidine pura. Tutt'altra cosa rispetto al tugurio di Amsterdam! Siccome mi svegliavo presto, per non disturbare il sonno degli altri, cominciavo in netto anticipo gia' a pregustarmi ciò che dopo un paio d'ore avrei visto davanti al mio immancabile caffe', all'inossidabile guida della Lonely Planet e, ovviamente, al mio iPod veicolo di tante gioie come l'ascolto di brani come Liliac Lane, She speaks American English, The Detroit Shuffle.
Einkhuizen, Utrecht, la Frisia posti che non so' se rivedro' ma se dovesse risuccedere potete stare certi che a farmi compagnia ci saranno loro, gli Acoustic Alchemy.
sabato 25 ottobre 2008
Speaking of now
Non è il suo suo migliore album probabilmente, ma siccome evoca in me ricordi e sensazioni a iosa, sono sicuro che lo stesso Pat Metheny mi darebbe una pacca sulla spalla e approverebbe la mia scelta.
Con l'LP Speaking of Now vorrei in questo intervento far capire come un trentatre, quando ascoltato, ti puo' far fare i conti anche con la malinconia: il desiderio dell'oggetto perduto!
Una serata dell'Estate 2002 a Sesto Fiorentino. Un concerto e che concerto! Allo stadio del Polo Universitario la Pat Metheny Group presento' ai fiorentini che erano accorsi ad ascoltarlo il suo ultimo album di cui il sottoscritto non aveva ancora ascoltato una nota.
La serata estiva era perfetta. Il concerto iniziava all'imbrunire per cui le prime note sarebbero state scandite con il tramonto. Trafelato ero arrivato dal lavoro col mio scooter e all'entrata, chi mi aspettava con i biglietti in mano, e avrebbe assistito con me a quell'evento, era una persona speciale, colui che mi aveva fatto conoscere la musica di quel fantastico artista che è Pat Metheny.
Io e il mio amico ci stavamo accomodando per assistere soli, insieme alle altre poche migliaia di persone che ci circondavano, il suo concerto, con la sensazione che lui lo avesse preparato apposta per festeggiare la nostra grande amicizia.
Pat Metheny come pochi altri sa scegliere la giusta scaletta di pezzi da presentare in un concerto, come conosce bene del resto quali possono essere le giuste voci che possono accompagnare e valorizzare al meglio i suoi pezzi.
In "You" e "Another life" ne abbiamo un esempio. Sono brani che evocano atmosfere rilassate, e allo stesso tempo, valorizzano gli arpeggi della chitarra acustica. Quante volte in quella fantastica serata le nostre lattine di birra si sono incrociate per sottolineare un buon arpeggio e i risvolti straordinari che i pezzi di questo album possiedono.
A sole calato abbiamo abbandonato le gradinate per raggiungere il prato del campo sportivo per metterci poco distanti dal palco dove stava maturando quella indimenticabile performance.
Un po' come hanno fatto altri, sdraiati con le braccia sotto la testa, grazie a "On her way", abbiamo fantasticato sulla nostra vita, perche' questa e' un canzone che fa fantasticare chiunque, d'altronde guardando la banda che si esprimeva tutta al top non sarebbe potuto essere diversamente. Eh si, perche' il jazz di Pat Metheny e' cosi', ti fa volare, e spesso ti succede di arrivare in fondo all'ascolto di un suo pezzo con tu che hai pensato veramente a tutta la tua vita.
Poi in questo album ci sono pezzi no comment, come "Afternoom", che si commentano da soli: la voce di Cuong Vu in questo eccellente brano si sposa benissimo con la melodia espressa dagli strumenti, un po' come l'amicizia quando e' armonica e importante, come del resto consideravamo la nostra io e il mio amico. La dimostrazione era avvenuta anche quella sera, quando in "Proof", Lyle Mays, nei suoi giri armonici alla tastiera dimostra, oltre di essere un grande solista, anche di essere capace a preparare il giusto spazio agli inserimenti dei suoi compagni: come la tromba sempre di Cuong Vu, e poi di tutti gli altri in un unico crescendo. Tutti insieme insomma:
Pat Metheny, chitarra;
Lyle Mays, tastiere;
Steve Rodby, basso acustico;
Richard Bona, basso, chitarra, percussioni, voce;
Cuog Vu, chitarra, percussioni, voce, tromba;
Antonio Sanchez, batteria.
Armonia appunto!
La musica di Pat Metheny offre anche eccellenti pause musicali che servono a creare, come si dice, "ambiente". In questi frangenti si ha tempo per guardare chi ti circonda. Con "Where You go" e "A place of the world", io e il mio fraterno amico ci siamo guardati intorno e ci siamo accorti anche di chi ci circondava.
E poi ci sono i brani fatali, quelli che fanno capire che anche le cose belle hanno un fine, brani che andranno ai posteri un po' come la Nona di Beethoven, quelli che fatalmente ti fanno ricordare cose belle ma anche cose tristi, come l'ultimo bis di un concerto ad esempio: rimangono scolpiti nella mente ed evocano solo quella cosa, come la storia di una perduta amicizia, come lo e' ascoltando "As it is" ultimo bis di quella stupenda serata.
Ciao Ciro, anche se non leggerai mai queste righe, l'intervento di oggi è dedicato a te!
domenica 21 settembre 2008
Two For The Show (30th Anniversary Edition)
Visto che e' da poco uscita questa gustosa edizione speciale (trentesimo anniversario) di uno dei miei live preferiti di uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, colgo l'occasione per mettere adesso in valigia (per l'isola) questo doppio CD che ho acquistato.
Ovviamente avevo gia' questa grande opera, su vinile, pero' non ho esitato a comprare questa nuova limited edition in CD perche' presenta una sorpresa graditissima: un secondo CD inedito! Trattandosi di un live, non si sta parlando di brani inediti, ma di inediti nella loro versione live.
I Kansas sono un grandissimo gruppo presente sulla scena fin dagli anni 70 (si' sono ancora "vivi" e produttivi, e non mi dispiacciono nemmeno gli ultimi loro lavori). Vengono definiti come progressive rock, ma non aspettatevi le sonorita' dei Genesis: la loro musica e' molto piu' melodica e di piu' facile ascolto. Il progressive spunta fuori dalle loro composizioni musicali spesso complesse ed intricate, ma mai una volta a scapito della melodia! Questo mixing me li fa adorare oltremodo.
Two for the show e' il loro live piu' famoso ed essendo uscito nel 1978 raccoglie i loro primi hit (che forse sono anche i migliori), suonati con una precisione ed un'energia coinvolgenti!
Peraltro il secondo CD, oltre a contenere nuovi brani live, rende anche giustizia ai possessori della versione precedente del CD dove, a causa di mancanza di spazio sul supporto, non era stata inclusa quella perla di canzone "Closet Chronicles"!
I Kansas sono stati fonte di ispirazione per molte band successive sia di rock melodico che di progressive; ad esempio i (miei amati) Dream Theater hanno sempre messo i Kansas fra le loro band preferite. Ascoltando la suite "Magnum Opus" dei Kansas, soprattuto in questa versione live, si capisce subito a chi si sono ispirati i Dream Theater per le loro "scorribande" musicali. Mi piace a questo punto dire che e' grazie ai Dream Theater stessi che ho conosciuto i Kansas: quando i Dream Theater pubblicarono l'EP a "Change of Season", inclusero alcuni loro meedley live, ed uno dei brani era proprio "Carry on wayward son" dei Kansas, e devo dire che rimasi immediatamente colpito da quel riff pieno di grinta! Andai subito a comprare "Leftoverture" dei Kansas (dove sono inclusi il suddetto pezzo e la suite "Magnum Opus")... da li' a poco mi procurai tutta la loro discografia!
Se non avete mai sentito parlare dei Kansas, non e' comunque escluso che abbiate gia' sentito la loro ballata acustica "Dust in the wind" (ovviamente presente in questo live). L'altra ballata presente nel live (purtroppo in versione ridotta, perche' attaccata al solo di piano) e' "Lonely wind" di una dolcezza mai scontata, e esaltata dalle due voci della band che sanno intrecciarsi alla perfezione: Steve Walsh (voce e tastiera) e Robby Steinhardt (voce e violino).
Ho avuto anche il piacere di vederli live in Italia a Milano qualche anno fa! C'e' da dire che l'eta' non li ha arrugginiti :-)
Ovviamente avevo gia' questa grande opera, su vinile, pero' non ho esitato a comprare questa nuova limited edition in CD perche' presenta una sorpresa graditissima: un secondo CD inedito! Trattandosi di un live, non si sta parlando di brani inediti, ma di inediti nella loro versione live.
I Kansas sono un grandissimo gruppo presente sulla scena fin dagli anni 70 (si' sono ancora "vivi" e produttivi, e non mi dispiacciono nemmeno gli ultimi loro lavori). Vengono definiti come progressive rock, ma non aspettatevi le sonorita' dei Genesis: la loro musica e' molto piu' melodica e di piu' facile ascolto. Il progressive spunta fuori dalle loro composizioni musicali spesso complesse ed intricate, ma mai una volta a scapito della melodia! Questo mixing me li fa adorare oltremodo.
Two for the show e' il loro live piu' famoso ed essendo uscito nel 1978 raccoglie i loro primi hit (che forse sono anche i migliori), suonati con una precisione ed un'energia coinvolgenti!
Peraltro il secondo CD, oltre a contenere nuovi brani live, rende anche giustizia ai possessori della versione precedente del CD dove, a causa di mancanza di spazio sul supporto, non era stata inclusa quella perla di canzone "Closet Chronicles"!
I Kansas sono stati fonte di ispirazione per molte band successive sia di rock melodico che di progressive; ad esempio i (miei amati) Dream Theater hanno sempre messo i Kansas fra le loro band preferite. Ascoltando la suite "Magnum Opus" dei Kansas, soprattuto in questa versione live, si capisce subito a chi si sono ispirati i Dream Theater per le loro "scorribande" musicali. Mi piace a questo punto dire che e' grazie ai Dream Theater stessi che ho conosciuto i Kansas: quando i Dream Theater pubblicarono l'EP a "Change of Season", inclusero alcuni loro meedley live, ed uno dei brani era proprio "Carry on wayward son" dei Kansas, e devo dire che rimasi immediatamente colpito da quel riff pieno di grinta! Andai subito a comprare "Leftoverture" dei Kansas (dove sono inclusi il suddetto pezzo e la suite "Magnum Opus")... da li' a poco mi procurai tutta la loro discografia!
Se non avete mai sentito parlare dei Kansas, non e' comunque escluso che abbiate gia' sentito la loro ballata acustica "Dust in the wind" (ovviamente presente in questo live). L'altra ballata presente nel live (purtroppo in versione ridotta, perche' attaccata al solo di piano) e' "Lonely wind" di una dolcezza mai scontata, e esaltata dalle due voci della band che sanno intrecciarsi alla perfezione: Steve Walsh (voce e tastiera) e Robby Steinhardt (voce e violino).
Ho avuto anche il piacere di vederli live in Italia a Milano qualche anno fa! C'e' da dire che l'eta' non li ha arrugginiti :-)
lunedì 30 giugno 2008
Moonflower
In una partita a Briscola per giocatore fortunato si intende colui che è in possesso di carte fortunate: carichi da consegnare al compagno quando se ne presentera’ l’occasione, oppure, meglio ancora, per viverla da protagonista, avere lui stesso delle carte vincenti che, quando giocate, renderanno quella mano importante.
Ci siamo gente, sto per calare un asso!
In questi casi si usa avvisare prima, come una hostess usa fare con i passeggeri che stanno per decollare insieme a lei su un Jumbo verso un paese tropicale. Per cui, cari lettori, vi consiglio di mettervi comodi e allacciare le vostre cinture di sicurezza perche’ presto si volera’.
Questo asso ha i baffi, i capelli ricci, e’ secco allampanato, ha delle mani, che quando sono sopra una chitarra elettrica hanno il potere di dargli vita, nel vero senso della parola. Si e’ un asso, e tutti sanno che ce ne sono pochi in un una mazzo di 40 carte!
Come al solito nella mia presentazione non entrero’ in disquisizioni tecniche, c’è chi è molto piu’ bravo di me a farlo, provare per credere: basta sospendere per un attimo la lettura di queste righe, aprire una nuova finestra sul vostro motore di ricerca, sul segno di prompt impostare la parola “mitico” e lui non fara’ molta fatica a rispondervi che forse volevate cercare Carlos Devadip Santana.
A questo punto è consuetudine accettare l’ovvio consiglio, entrare nella sua superba discografia e gustarsi i dettagli di Moonflower. Questo è l’album che mi voglio portare dietro e magari, perche’ no, imporlo ai miei compagni in viaggio verso le nostre isole.
Nel mio paio di interventi su questo blog la melodia e’ stata ricordata al pari valore con le parole che l’accompagnano, con Carlos la musica è invece sovrana: nelle sue esecuzioni il testo è comprimario e ha solo il compito di valorizzare la magia del suono che l'autore desidera imporre.
Parto subito con una critica, forse l’unica possibile: la copertina, secondo me l’unico punto debole. Io, per il suo contenuto esplosivo, mi sarei trovato un vulcano in piena eruzione con esuberanza di lava e lapilli, perche’ di questo si tratta.
Da oggi vorrei dare consigli all’ascolto aprendo una rubrica da portare avanti, con il vostro sostegno, basata sulle emozioni che si vogliono raggiungere:
Visto? Vi piace questo clima? Ascoltatevi subito El Morocco, Savor, Dance Sister Dance in modo da fare continuare la favola.
Per creare ambienti sensuali e primi approcci che possano portare a esiti sicuramente positivi, consiglio caldamente Black magic Woman: da ragazzetto le melodie di questa canzone, in una serata che ricordo ancora, mi spinsero alla conoscenza di una bambolina da sogno, ma questa è un'altra storia.
Da ascoltare in una serata che preannuncia risvolti molto sentimentali, vi consiglio una scaletta musicale ritagliata da questo album: si parte con Dawn/Go within, I’ll be waiting, Bahia, Tanscendance, Gypsy Queen, per dare il meglio poi con la intramontabile Europa, e finire in bellezza con la mai troppo ascoltata Flor D’Luna/Moonflower.
Vi saluto con Zulu, forse, dato il nome, la canzone con cui socializzero’ con gli abitanti della mia isola nel caso non sia proprio deserta.
Ci siamo gente, sto per calare un asso!
In questi casi si usa avvisare prima, come una hostess usa fare con i passeggeri che stanno per decollare insieme a lei su un Jumbo verso un paese tropicale. Per cui, cari lettori, vi consiglio di mettervi comodi e allacciare le vostre cinture di sicurezza perche’ presto si volera’.
Questo asso ha i baffi, i capelli ricci, e’ secco allampanato, ha delle mani, che quando sono sopra una chitarra elettrica hanno il potere di dargli vita, nel vero senso della parola. Si e’ un asso, e tutti sanno che ce ne sono pochi in un una mazzo di 40 carte!
Come al solito nella mia presentazione non entrero’ in disquisizioni tecniche, c’è chi è molto piu’ bravo di me a farlo, provare per credere: basta sospendere per un attimo la lettura di queste righe, aprire una nuova finestra sul vostro motore di ricerca, sul segno di prompt impostare la parola “mitico” e lui non fara’ molta fatica a rispondervi che forse volevate cercare Carlos Devadip Santana.
A questo punto è consuetudine accettare l’ovvio consiglio, entrare nella sua superba discografia e gustarsi i dettagli di Moonflower. Questo è l’album che mi voglio portare dietro e magari, perche’ no, imporlo ai miei compagni in viaggio verso le nostre isole.
Nel mio paio di interventi su questo blog la melodia e’ stata ricordata al pari valore con le parole che l’accompagnano, con Carlos la musica è invece sovrana: nelle sue esecuzioni il testo è comprimario e ha solo il compito di valorizzare la magia del suono che l'autore desidera imporre.
Parto subito con una critica, forse l’unica possibile: la copertina, secondo me l’unico punto debole. Io, per il suo contenuto esplosivo, mi sarei trovato un vulcano in piena eruzione con esuberanza di lava e lapilli, perche’ di questo si tratta.
Da oggi vorrei dare consigli all’ascolto aprendo una rubrica da portare avanti, con il vostro sostegno, basata sulle emozioni che si vogliono raggiungere:
per “sdarvi” consiglio She's not there. Se siete sposati e avete figli come me, e loro sono in casa, è necessario assicurarsi che tutti siano andati a letto, ed entrati nel loro secondo sonno.
Procurarsi una cuffia wireless, fare delle prove a basso volume facendo rigorosa attenzione che la musica passi da li’ e non dalle casse: sembra che l’inzio del pezzo sia proprio dedicato a questo preliminare, ma poi ( o poi!), poi si parte! Abbassare le alogene, mettersi scalzi, prepararsi per l’occasione appena due dita di cognac se e' inverno o due di Grand Marnier con ghiaccio se invece e' estate, che forse potranno tornare utili durante l’ascolto, chitarra virtuale in braccio, freno inibitore abbassato, e via.
Mi rendo conto in questi momenti di non essere un esempio di posatezza razionale per mio figlio e tanto meno di dare quella sicurezza morale che una moglie vorrebbe trovare sempre in un marito, ma loro non mi vedono, e dormono, e se una volta succedera’ che si sveglino durante il mio “ single party” gli diro’ la verita’, che la colpa è di Santana.
Se volete continuare farvi del male e farvi avvolgere in un ritmo infernale, ma poi non dite che non vi avevo avvertito, consiglio di lasciare andare libero il terzetto in fila del lato A del primo dei due dischi: Carnaval, Let the Chilldren Play, Jugando.
Per “sbalordirvi” via libera con Soul Sacrifice. Siete diffidenti? Non dovrebbero esserci motivi, ma per levarvi ogni dubbio andate su Youtube e guardate cosa Carlos a Woodstock ha combinato con un batterista emergente, che gia’ da allora si sapeva che sarebbe diventato leggenda: Graham Lear. Siete ancora qui? Andate, andate. Vi aspetto!
Procurarsi una cuffia wireless, fare delle prove a basso volume facendo rigorosa attenzione che la musica passi da li’ e non dalle casse: sembra che l’inzio del pezzo sia proprio dedicato a questo preliminare, ma poi ( o poi!), poi si parte! Abbassare le alogene, mettersi scalzi, prepararsi per l’occasione appena due dita di cognac se e' inverno o due di Grand Marnier con ghiaccio se invece e' estate, che forse potranno tornare utili durante l’ascolto, chitarra virtuale in braccio, freno inibitore abbassato, e via.
Mi rendo conto in questi momenti di non essere un esempio di posatezza razionale per mio figlio e tanto meno di dare quella sicurezza morale che una moglie vorrebbe trovare sempre in un marito, ma loro non mi vedono, e dormono, e se una volta succedera’ che si sveglino durante il mio “ single party” gli diro’ la verita’, che la colpa è di Santana.
Se volete continuare farvi del male e farvi avvolgere in un ritmo infernale, ma poi non dite che non vi avevo avvertito, consiglio di lasciare andare libero il terzetto in fila del lato A del primo dei due dischi: Carnaval, Let the Chilldren Play, Jugando.
Per “sbalordirvi” via libera con Soul Sacrifice. Siete diffidenti? Non dovrebbero esserci motivi, ma per levarvi ogni dubbio andate su Youtube e guardate cosa Carlos a Woodstock ha combinato con un batterista emergente, che gia’ da allora si sapeva che sarebbe diventato leggenda: Graham Lear. Siete ancora qui? Andate, andate. Vi aspetto!
Visto? Vi piace questo clima? Ascoltatevi subito El Morocco, Savor, Dance Sister Dance in modo da fare continuare la favola.
Per creare ambienti sensuali e primi approcci che possano portare a esiti sicuramente positivi, consiglio caldamente Black magic Woman: da ragazzetto le melodie di questa canzone, in una serata che ricordo ancora, mi spinsero alla conoscenza di una bambolina da sogno, ma questa è un'altra storia.
Da ascoltare in una serata che preannuncia risvolti molto sentimentali, vi consiglio una scaletta musicale ritagliata da questo album: si parte con Dawn/Go within, I’ll be waiting, Bahia, Tanscendance, Gypsy Queen, per dare il meglio poi con la intramontabile Europa, e finire in bellezza con la mai troppo ascoltata Flor D’Luna/Moonflower.
Vi saluto con Zulu, forse, dato il nome, la canzone con cui socializzero’ con gli abitanti della mia isola nel caso non sia proprio deserta.
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